Una malattia non è mai soltanto una malattia.
E non ha solo a che fare con la condizione di perdita di salute, ma riguarda anche il cambiamento.
Cambiamento nel corpo, nelle relazioni con la famiglia, con gli amici, con gli affetti in genere; cambiamento anche nel ruolo sociale e dell’identità personale.
Una malattia non colpisce solo un organo, un sistema, un apparato, ma ha effetti significativi anche sulle emozioni e sugli atteggiamenti. Tanto da far sostenere anche dalla scienza che esiste una stretta relazione tra organi ed emozioni perché una malattia coinvolge anche la psiche.
Questo succede ancora di più per chi viene ricoverato in ospedale.
Un ricovero significa entrare in un contesto estraneo, in una condizione particolare in cui si perde parte delle proprie autonomie e possibilità decisionali e si rimette al personale sanitario la propria vita.
Una malattia poi può provocare la rottura di un equilibrio e impatta sulla sfera personale, relazionale, emotiva ed affettiva. Soprattutto se la malattia è “importante” ed esige un periodo di lungo degenza, con perdita di autosufficienza e necessità di assistenza continua.
Sono tantissime le malattie che possono presentarsi e tantissimi casi che implicano situazioni di disagio, sofferenza, paura e reazioni emotive forti.
Per questo un aiuto psicologico che vada di pari passo alle terapie farmacologiche sarebbe fondamentale e dovrebbe essere offerto direttamente dal sistema sanitario.
Una assistenza psicologica dovrebbe essere sempre più diffusa e far parte dei protocolli terapeutici, insieme a quelli diagnostici e riabilitativi, sia per affrontare con lo spirito giusto un percorso magari lungo e impegnativo sia per riprendere in mano la propria vita alla fine della malattia e ritornare alla normalità.
E l’ideale sarebbe che venisse offerta non solo ai pazienti, ma anche al personale sanitario, che ogni giorno è a contatto con sofferenza, e anche ai familiari dei pazienti, che devono avere il giusto atteggiamento mentale per stare vicino al meglio ai loro parenti ammalati.
Proprio in questi ultimi mesi, a causa della pandemia, si è evidenziata l’utilità di un supporto psicologico che coinvolgesse i pazienti in primis e gli operatori sanitari e i parenti dei pazienti subito dopo.
Ma a prescindere da una pandemia, l’alto coinvolgimento degli operatori in prima linea può far diventare caldo anche il sangue più freddo e portare a casi di ansia, insonnia, disturbi da stress, fino ad un vero e proprio esaurimento emotivo.
Per un ammalato elaborare vissuto ed emozioni con l’aiuto di un esperto può essere sicuramente una strategia utile per non cadere nel buco nero della tristezza e della rassegnazione.
La mente ha un ruolo fondamentale sulla malattia e addirittura può influenzare i nostri geni e creare un ponte tra scienza e coscienza può essere la strada giusta per ritrovare la salute e il benessere emotivi perduti.
Un altro tipo di supporto psicologico per ridurre il peso delle ferite emotive può arrivare da tecniche di meditazione e rilassamento e anche dalla Floriterapia, che possono aiutare a ritrovare la dimensione e l’equilibrio giusti.
Caregiver non a caso è il nome di una miscela di Fiori australiani che trattiamo in negozio e che è indicata proprio per chi, parente stretto o lontano, amico o conoscente, sta accanto a qualcuno che non sta bene: caregiver è proprio il termine che indica chi si prende cura di qualcuno e condivide il suo dolore.
Dolore che nel suo caso non è fisico, ma è dato dal peso emotivo delle paure dell’altro.
Il caregiver ha un ruolo fondamentale perché è la spalla su cui appoggiarsi, senza però interferire sulle decisioni di chi non sta bene e anzi incoraggiandolo a prescindere: è un accompagnatore che non deve guidare perché non spetta a lui/lei farlo.
Un ruolo per niente facile, che può essere reso emotivamente meno pesante grazie anche all’aiuto dei Fiori australiani.
Un ultimo pensiero per chi subisce una malattia, di qualsiasi natura sia.
Non abbiate vergogna di chiedere aiuto!
Sbagliato non è sfogarsi, ma tenersi dentro il dolore che si prova perché ci si fa del male ulteriore. Accumulare frustrazione, stress e rabbia rendono il corpo una sorta di campo di battaglia delle emozioni.
E se è vero che il corpo obbedisce alla psiche, reprimere ciò che si prova rende la guarigione più difficile e lunga.
Quindi culliamo l’anima alla pari del corpo, prendiamoli entrambi per mano per accompagnarli verso la guarigione.