Berberis aristata, conosciuto come Crespino, è un arbusto sempreverde originario di Himalaya, Nepal ed India.
I frutti che produce sono consumati come alimento, in quanto ricchi di zuccheri e nutrienti, mentre la pianta è fonte di tannini e sostanze tintorie, molto usate per conciare le pelli e come colorante giallo per i tessuti.
Frutti, radici e corteccia trovano impiego nell’Ayurveda, la medicina indiana, e nella Medicina Tradizionale Cinese.
Queste consigliano il Crespino nel trattamento di infezioni e disturbi delle vie genito-urinarie e gastrointestinali, quali diarree batteriche e recidive della candida, in virtù delle proprietà antimicrobiche ed antiparassitarie.
Ancora più interessante è una particolare sostanza presente nella corteccia di Berberis aristata: la berberina, un alcaloide isochinolinico, che conferisce alla pianta proprietà:
- Ipoglicemizzanti, ovvero diminuisce i livelli plasmatici di zucchero, riducendo la glicemia sia a digiuno che dopo pasto. Ciò si deve all’azione inibente la captazione intestinale di glucosio, che viene quindi assorbito pochissimo, e all’aumentata espressione, nella parete cellulare, dei recettori per l’insulina, che promuovono l’ingresso di zucchero nelle cellule.
- Ipocolesterolemizzanti, ovvero abbassa i livelli di colesterolo nel sangue. In particolare riduce il colesterolo totale, i trigliceridi, e il colesterolo LDL (quello definito “cattivo” perché si allontana dal fegato, l’organo deputato alla sua eliminazione, verso gli altri distretti del nostro corpo, viaggiando nelle arterie con il rischio di precipitare ed ossidarsi creando placche e trombi).
Ciò avviene grazie a meccanismi diversi rispetto a quelli adottati dalle statine, le sostanze usate normalmente per il controllo del colesterolo.
Queste ultime bloccano la sintesi di colesterolo endogeno, ma possono provocare diversi effetti collaterali, come crampi e la riduzione di produzione di coenzima Q10, un potente antiossidante e un componente indispensabile per la respirazione cellulare.
La berberina, al contrario, non interagisce con i meccanismi fisiologici che portano a produrre colesterolo, ma aumenta l’attività e il numero dei recettori presenti nel fegato per il colesterolo LDL.
Esso viene così captato dal sangue più facilmente e ne viene incrementata l’eliminazione dal nostro organismo.
Questo, rende la berberina un principio attivo decisamente utile per la salvaguardia del nostro benessere.
C’è tuttavia un punto debole: la sua biodisponibilità, ovvero la quantità di principio attivo che raggiunge il circolo.
Questo parametro è importante perché, se una molecola non riesce a raggiungere le concentrazioni e i distretti dove deve esercitare la sua azione, non funziona o è poco efficace.
La biodisponibilità orale della berberina è piuttosto scarsa, in quanto viene eliminata troppo rapidamente dal nostro corpo principalmente per colpa della glicoproteina P, che ne limita l’assorbimento intestinale.
La glicoproteina P è una proteina trasportatrice situata sulle membrane delle cellule dove svolge una funzione barriera.
Essa protegge organi e apparati, come il sistema nervoso centrale, le gonadi, l’intestino e il fegato, perché regola il passaggio di sostanze estranee e tossiche.
Favorisce l’espulsione dalle cellule di quei prodotti identificati come dannosi per l’organismo o semplicemente sconosciute, che in questo modo non si riescono ad accumulare.
Tra le sostanze xenobiotiche (estranee al nostro organismo) anche principi attivi vegetali e chimici, utili per migliorare le funzionalità del corpo stesso.
Per fortuna le sostanze presenti in natura sono tantissime e pronte a “collaborare” tra loro!
Infatti, la contemporanea presenza di altre molecole, che si trovano in piante ed alimenti, ci permette di superare questo ostacolo.
In particolare la sinergia con la Curcuma si rivela una coppia vincente.
La curcumina che contiene inibisce la glicoproteina P, migliorando così l’assorbimento della berberina.
L’associazione con la Curcuma è molto interessante perché questa radice è anche un ottimo antiossidante ed antinfiammatorio.
Originaria dell’Asia, anche la Curcuma trova impiego in medicina Ayurvedica come depurativo, in caso di artriti, per favorire la digestione e la funzionalità epatica.
Questa spezia giallo-arancio è speciale, perché:
- Migliora le secrezione biliare e l’eliminazione dei grassi a livello del fegato.
- Favorisce la concentrazione di glutatione, importante antiossidante e detossinante, e l’attività di alcuni enzimi epatici.
- Limita la produzione di sostanze infiammatorie. Attività molto apprezzata in caso di artriti, gastriti e iperacidità.
- È antiossidante, protegge dallo stress ossidativo cellule, neuroni e anche i nostri vasi sanguigni. Essa ci protegge così dai danni cardiovascolari, contrastando la perossidazione del colesterolo LDL.
- Migliora la sensibilità all’insulina e riduce la glicemia avendo azione benefica in caso di diabete.
Curcuma longa e Berberis aristata quindi, quando sono assieme e nelle giuste quantità, completano e potenziano le azioni che esercitano nel nostro corpo.
Assieme aiutano a migliorare la funzionalità epatica, a limitare i processi infiammatori ed ossidanti che avvengono nel nostro organismo e, soprattutto, a controllare i livelli plasmatici di zucchero e colesterolo.
Tutto ciò risulta molto utile nella prevenzione di quelle patologie che stanno diventando sempre più diffuse nei paesi occidentali come il diabete, l’ipercolesterolemia e la sindrome metabolica.